Storie vere che condividono la bicicletta come elemento centrale e spina dorsale delle relazioni familiari, dello sviluppo personale e della consapevolezza dei tempi che abbiamo dovuto vivere su due ruote.
Una visione lontana dai luoghi comuni e dai territori comuni che speriamo possa farvi divertire quanto noi abbiamo fatto per "viverli" in prima persona.
Tre storie autentiche di amore incondizionato per il ciclismo.
Episodio I. Donna e Ciclista
MARI CARMEN DÍAZ DE LEZANA (Orduña, Bizkaia, 1943)
Si considera una "ciclista e un ciclista". Circondata da biciclette fin da bambina nella modesta officina familiare gestita dal padre a Orduña, l'unico paese della provincia di Vizcaya con il titolo di città.
Quella figura paterna fece da catalizzatore per accendere il suo desiderio di gareggiare e diventare, a metà degli anni '60, una delle pioniere del ciclismo in un Paese che ancora non contemplava la federazione femminile, e quando pedalare con i pantaloni non era ben visto nemmeno dalle donne dell'epoca.
Per citare un aneddoto, a Mari Carmen fu negato per ben tre volte il tentativo di partecipare ai Campionati del Mondo nel 1963, 1964 e 1965. Chi ha detto anticonformismo?
Episodio II. In viaggio.
SERGI UNANUE (Puigcerdà, Girona, 1993)
In questa occasione, lasciamo che sia lui a raccontarci la sua storia particolare:
"Mi chiamo Sergi e sono un giornalista di viaggi e avventure. Sono un nomade digitale da più di tre anni e, da allora, ho intrapreso diverse esperienze in Himalaya, Mongolia e Sud-Est asiatico.
La mia ultima avventura è stata quella di attraversare tutta l'Europa, dal suo punto più meridionale, Punta de Tarifa (Spagna), a quello più settentrionale, Capo Nord (Norvegia). Per questo, sono stato accompagnato dal miglior compagno di avventura possibile: una bicicletta con un telaio in bambù. Insieme, siamo diventati le prime persone a compiere questo viaggio su un veicolo di questo tipo.
Un viaggio di oltre 7.000 chilometri e 142 giorni attraverso otto Paesi (Spagna, Francia, Belgio, Paesi Bassi, Germania, Danimarca, Svezia e Norvegia) con una missione: sensibilizzare l'opinione pubblica sull'emergenza del cambiamento climatico e cercare di promuovere modi di viaggiare più sostenibili".
Episodio III. Padre e figlio, uniti dal deserto.
JAUME GELONCH (Sant Vicenç de Montalt, Barcellona, 1959)
ROGER GELONCH(Sant Vicenç de Montalt, Barcellona, 1989)
Jaume, che da 28 anni lavora come chirurgo nell'ospedale di Palamós, nel 2008 sente parlare di una gara di MTB nel deserto del Marocco. È stato catturato dalle dune e dalla sfida personale della gara. Titan Desert e ha preso il via per la prima volta nel 2009.
Da allora, grandi parole, estendendo la sua partecipazione nel 2010, 2011, 2013, 2014, 2015 (quando è diventato Titan Legend), 2017, 2018, 2019 (ha acquisito la distinzione di Titan Legend Platinum) e 2021.
Roger, suo figlio, è un ingegnere meccanico e logistico nel settore automobilistico. Ricorda i tempi dell'università "mentre guardava da bordo campo le gare amatoriali a cui partecipava mio padre". Secondo lo stesso Roger, "seguendo mio padre anno dopo anno sul Titano, mi era chiaro che un giorno saremmo andati insieme. Nel 2015 c'erano le condizioni giuste".
"Dal 2017 non ci siamo mai persi e da questo 2021 condividiamo il titolo di Titan Legend. Ma la cosa più emozionante è la sensazione di tagliare l'ultimo traguardo, dopo lo sforzo fisico e mentale che la gara ti richiede, vedere mio padre arrivare esausto... il nostro abbraccio... le emozioni sono fuori controllo. Per me è il momento più bello, quello che ricorderò per sempre".
- Titan Legend: +3.500 km nel deserto
- Titan Legend Platinum: +5.000 km nel deserto